8 novembre 2016
di Caterina Bueti Sotiriadis
La mia prima lingua è l’italiano. Sono nata in Italia e dunque ho parlato l’italiano prima di imparare altre lingue. Quando i miei genitori, io e mio fratello siamo arrivati nel Canada dell’ovest abbiamo dovuto imparare l’inglese. Comunque i miei genitori si sono resi conto che se noi volevamo ritenere il nostro dialetto calabrese e anche continuare a migliorare il nostro italiano,sia io che mio fratello dovevamo continuare a parlare il dialetto in casa e frequentare la scuola estiva d’italiano presso la nostra chiesa del Santissimo Rosario per poter comunicare in italiano.
Però ben presto i miei genitori si sono accorti che la scuola estiva (quattro ore d’italiano durante il mese di luglio) non bastava e ci hanno incoraggiati a seguire delle lezioni private.
Negli anni 60 l’italiano non era ancora insegnato nelle scuole pubbliche nella provincia di Manitoba. È stata la Società Dante Alighieri che, negli anni 70, ha iniziato corsi di studio della lingua italiana, offerti ogni sabato mattina, ai figli degli emigrati in Manitoba.
Negli anni 80,con l’aiuto del governo provinciale del Manitoba, si è ottenuto il diritto di includere l’italiano come lingua seconda dall’asilo fino al livello 12 in alcune scuole pubbliche di Winnipeg. Questo evento marca uno stato di Rinascimento della lingua italiana a Winnipeg. Sfortunatamente questo periodo è durato pochi anni e eventualmente, a causa di un declino nel numero di student interessati ad imparare l’italiano nelle scuole pubbliche, il governo provinciale ha cancellato l’italiano come lingua seconda dai loro programmi.
Comunque la Società Dante Alighieri, ha continuato ad offrire i suoi corsi ogni sabato mattina e ha anche aggiunto un campo estivo per bambini e negli anni 2000, dei corsi serali per adulti.
Il mio viaggio linguistico non è terminato quando ho ottenuto il mio diploma d’ l’italiano all’Università di Milano. Infatti, subito dopo, ho cominciato ad insegnare l’italiano agli studenti della Dante è ho offerto i miei servizi anche al livello universitario quando il programma “minor” è stato implementato nell’ Università del Manitoba.
Il mio amore per le lingua italiana è stata trasmessa anche ai miei figli. Mentre io parlavo con loro in italiano, i loro nonni conversavano con loro in dialetto. Per 13 anni hanno frequentato assiduamente i corsi di lingua italiana ogni sabato mattina ed anche il campo estivo offerti dalla Dante. La padronanza della lingua, ha dato a loro la possibilità di frequentare i corsi offerti dall’Università per stranieri Dante Alighieri di Reggio Calabria. Dopo aver completato i loro studi, sono diventati assistenti dei docenti che insegnavano i corsi di lingua italiana ogni sabato mattina presso la Dante e successivamente hanno assunto la posizione di coordinatori del campo estivo. Questo loro interesse di imparare la lingua italiana ha dato loro la possibilità di poterla insegnare ad un’atra generazioni di figli e nipoti di emigranti italiani mentre la conoscenza del dialetto calabrese gli ha dato la possibilità di sentirsi a loro agio e comunicare con i diversi abitanti durante il loro soggiorno in Calabria.
Quanto a me, Il dialetto calabrese mi è prezioso perché mi permette di parlare con i miei compaesani con inflessioni e significati peculiari alla nostra regione. Infatti conversare in dialetto mi fa sentire più vicina a loro. Ci sono delle parole ed espressioni nel dialetto calabrese che non esistono nella lingua italiana standard.. Come l’osservanza di tante tradizioni calabresi, il dialetto è un’altro forte anello nella catena che mi lega strettamente alla mia terra di origine.
Sfortunatamente mi sembra che stiamo perdendo l’uso del dialetto in molte regioni italiane. Stanno scomparendo tantissime belle parole (“che scialata”/divertimento), modi di dire (“tre pila ha u porcu e u porcu ha tri pila”) e, con questo, un po’ della nostra storia e cultura regionale italiana. La varietà e bellezza trovate nei dialetti si perderanno se i dialetti scompariranno dalla nostra lingua.
È mediante la nostra lingua, l’italiano e il dialetto, che manteniamo la nostra cultura.
Siamo fortunati di poter imparare, insegnare e condividere le nostre tradizioni, cibo, ricordi e il nostro futuro con la prossima generazione tramite il nostro dialetto e la lingua più bella del mondo, l’italiano.
Se i miei figli capiscono il dialetto e possono raccontare una o due barzellette in calabrese devono ringraziare i loro nonni. Sento la voce dei miei defunti genitori quando sento parlare il nostro dialetto ai miei figli. Che onore fanno ai nostri cari e alla mia regione! E adesso che anche loro sono genitori, sono sicura che li sentirò parlare in italiano e anche un po’ in dialetto con i loro figli. E così la nostra lingua e cultura continua ad essere viva per un’altra generazione in un paese straniero. È così che la nostra storia non verrà dimenticata.